All’inizio l’uomo era prevalentemente cacciatore, e gli ci volle un po’ di tempo per capire che la
carne cotta era più appetitosa e digeribile di quella cruda. Ma il problema era il fuoco, che all’epoca
era causato esclusivamente dai fulmini, ma facevano paura poiché erano il segno di qualche divinità
che dal cielo mandava strali terribili e pericolosi sulla terra. Meglio non farli arrabbiare.
Poi si riuscì a domare il fuoco, e si comprese che la carne cotta o affumicata si conservava più a
lungo. E ci si accorse pure che, in mancanza di carne, si potevano mangiare anche bacche, semi,
tuberi, radici, fiori. Ma era meglio imparare a sceglierli.
Si andò avanti così per un migliaio di anni finché qualcuno, stanco di correre a destra e a manca
dietro ad animali che cercavano in tutti i modi di non farsi uccidere, e spesso ci riuscivano, decise
che il luogo dove stava gli piaceva: con rami e frasche si costruì un riparo che chiamò ‘casa’,
innalzò un recinto e ci mise alcuni animali tranquilli come galline, oche, anatre, conigli, pecore, e
poi qualcuno anche più grande. Oltretutto, oltre che mangiarseli all’occorrenza, queste bestie
facevano anche le uova, buonissime e nutrienti, fornivano latte e pellame per coprirsi quando era
freddo. In questo caso però bisognava ucciderle, almeno fino a quando non fu inventato il modo di
tessere la lana delle pecore.
All’incirca 10.000/11.000 anni fa qualcuno si accorse che alcuni semi, caduti per caso in terra, dopo
un po’ avevano prodotto una piantina: incuriositi, aspettarono che crescesse, e una volta che era
matura ed aveva perso le foglie, erano rimasti una manciata di semi nuovi. Era nata l’agricoltura
che, insieme all’allevamento, dette una decisa svolta alla civiltà degli uomini.